Immaginate di cadere. Ma non c’è suolo. Molti filosofi contemporanei hanno sottolineato che questo momento presente si distingue per una condizione prevalente di assenza di qualsiasi terreno. Non possiamo ipotizzare un terreno stabile su cui basare convinzioni metafisiche o fondamentali miti politici. Nella migliore delle ipotesi, ci troviamo di fronte a temporanei, contingenti e parziali tentativi di radicamento. 
Ma se non c’è un terreno stabile a disposizione per la nostra vita sociale e aspirazioni filosofiche, la conseguenza deve essere uno stato permanente, o almeno intermittente, di caduta libera sia per i soggetti che per gli oggetti.
Ma perché non ce ne accorgiamo? Paradossalmente, mentre si sta cadendo, probabilmente ci si sente come se si stesse fluttuando, o nemmeno non ci si muova per niente. 
Cadere è relazionale – se non c’è niente verso cui cadere, potresti anche non essere consapevole che stai cadendo. Se non c’è terra, la gravità potrebbe essere bassa e ti sentirai senza peso. Gli oggetti rimarranno sospesi se li lasci andare. Intere società intorno a te potrebbero cadere proprio come stai facendo tu. E potrebbe sembrarti una stasi perfetta, come se la storia e il tempo fossero finiti e non si riuscisse nemmeno a ricordare che il tempo è andato avanti.
Mentre stai cadendo, il tuo senso di orientamento potrebbe iniziare a giocare ulteriori scherzi. L’orizzonte si muove in un labirinto di linee che crollano e perdi il senso del sopra e del sotto, del prima e del dopo, di te stesso e dei tuoi confini. […] I tradizionali modi di vedere e sentire sono in frantumi. Ogni senso di equilibrio è alterato, le prospettive sono stravolte e moltiplicate.
Sorgono nuovi tipi di visualità.
Questo disorientamento è in parte dovuto alla perdita di un orizzonte stabile. E con la perdita dell’orizzonte arriva anche la rottura di un paradigma stabile di orientamento, che ha fissato i concetti di soggetto e di oggetto, di tempo e di spazio, in tutta la modernità.
Nel cadere, le linee dell’orizzonte si frantumano, volteggiano e si sovrappongono.

Hito Steyerl, The Wretched of the Screen, e-flux journal, 2012, pp.13-14.

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