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RICERCA IMMAGINE: Domestic space di Thomas Demand

Con una formazione da scultore, Thomas Demand ricostruisce con cura modelli tridimensionali complessi utilizzando carta e cartone. Dopo averli realizzati, fotografa le scene e le distrugge lasciando solo prove fotografiche della loro fugace esistenza. Qual è la relazione tra riproduzione e originale? “Il mio lavoro è di per sé un fantasma della mia visione”.

Il desiderio di diventare questa cosa – in questo caso un’immagine – è il risultato della difficoltà di rappresentazione. I sensi e le cose, l’astrazione e l’eccitazione, la speculazione e il potere, il desiderio e la materia in realtà convergono all’interno delle immagini. La sfida per la rappresentazione, tuttavia, si basava su una netta divisione tra questi livelli: qui la cosa – l’immagine. Qui io… Qui la cosa. Qui soggetto – qui oggetto. I sensi qui – la materia muta là. […] Nell’equazione sono entrate in gioco anche ipotesi leggermente paranoiche sull’autenticità. […] Così ci si è aggrovigliati in un’intera rete di presupposti, il più problematico dei quali è, naturalmente, l’esistenza di un’immagine autentica. Si è così scatenata una campagna per trovare una forma di rappresentazione più accurata, ma senza mettere in discussione il proprio paradigma, decisamente realista. Ma se la verità non fosse né nel rappresentato né nella rappresentazione? E se la verità fosse nella sua configurazione materiale? E se il mezzo fosse davvero un messaggio? […] Partecipare a un’immagine – piuttosto che identificarsi con essa – potrebbe forse abolire questa relazione. Ciò significherebbe partecipare al materiale dell’immagine così come ai desideri e alle forze che essa accumula. […] Come tale, l’immagine è – per usare un’altra frase di Walter Benjamin – senza espressione. Non rappresenta la realtà. È un frammento del mondo reale. È una cosa come tutte le altre – una cosa come te e me. 

[…] Cosa succede all’identificazione a questo punto? Con chi possiamo identificarci? Naturalmente l’identificazione è sempre con un’immagine. […] Se l’identificazione deve andare da qualche parte, deve essere con questo aspetto materiale dell’immagine, con l’immagine come cosa, non come rappresentazione. E così può darsi che cessi di essere identificazione, e diventi invece partecipazione. […] Che ne dite di schierarvi con l’oggetto, per un cambiamento? Perché non affermarlo? Perché non essere una cosa? Un oggetto senza soggetto? Una cosa tra le altre cose?

Hito Steyerl, The Wretched of the Screen, e-flux journal, 2012, pp. 49-52.


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