
CONVERSAZIONE DI SILVIA CALDERONI CON AVRIL CORROON
Avril Corroon è un’artista visiva irlandese, diplomata alla Goldsmith University nel 2019. Corroon utilizza diversi media, come il video, la performance, la scultura e l’installazione per esplorare la precarietà della quotidianità legata alle politiche neoliberali che regolano l’abitare sia nella sua dimensione pubblica che privata. Nello specifico, l’artista concentra la sua ricerca principalmente sul tema della crisi abitativa e la conseguente accettazione di condizioni di vita precarie. L’artista rappresenta queste esperienze quotidiane attraverso elaborate narrazioni visive che utilizzano una forma comunicativa satirica e paradossale. Silvia Calderoni l’ha incontrata il 29 gennaio 2021 per parlare di come le sue opere si confrontano con la progettazione urbanistica, architettonica e domestica occidentale e come l’attivismo per la giustizia abitativa abbia influenzato la sua pratica.
Silvia: Ciao Avril, grazie per essere qui. Ho voluto confrontarmi con te perché la mia ricerca curatoriale gravita sul concetto del corpo nello spazio, e nello specifico sto studiando diverse pratiche urbane, architettoniche e domestiche da un punto di vista transfemminista queer, dando particolare attenzione allo spazio sia da un punto di vista formale che politico-simbolico. È per questo che mi sono interessata molto al tuo lavoro Pinxto Boate (1) realizzato in residenza a Bilbao, con il quale rispondi al progetto Zorroatzurre (2) di Zaha Hadid, architetta che sto personalmente approfondendo (fig. 1). Come hai ragionato sulla scultura come metafora di amputazione e come il tema del cibo rientra in quest’opera?

Fig. 1: Avril Corroon, Pinxto Boate, Kutxa Kultur, Centro internazionale di cultura contemporanea Tabakelara, San Sebastián, 2018. Scultura con video. Pollice di polistirolo con minischermo televisivo incorporato che visualizza un video di 3 minuti di lavori di costruzione sulla penisola di Zorrotzaure.
Avril: Il compito che mi era stato assegnato era quello di fare un lavoro che potesse rappresentare ciò che avevo assorbito dalla cultura del luogo. Mi è stato raccontato del progetto Zorroatzurre e del fatto che stavano per tagliare via la penisola per farne un’isola di lusso. Tagliare via la terra significa tagliare via la gente che ci vive. L’ho trovato così interessante e perverso: ho studiato la storia del colonialismo e del potere, ed entrambe sono molto concentrate sul fatto di possedere la terra. Ho fatto anche delle ricerche sull’architettura e il design nel mercato neoliberale arrivando a Richard Florida, che ha scritto su come creare e riprogettare le città col fine di renderle più ricche e attraenti. Molte città hanno messo in atto queste tattiche e credo che questo fenomeno sia strettamente connesso ai fenomeni di gentrificazione e di espropriazione delle persone che hanno vissuto in queste aree per tutta la loro vita. Queste metodologie sfruttano l’arte e la cultura come un travestimento, invitando *l* artist* ad entrare e a rigenerare il luogo liberandosi però degli abitanti. La decisione di creare Zorrotzaurre, parlando con la gente, sembra quella per cui Zorrotzaurre dovrebbe essere la prossima grande cartolina di Bilbao che, prima del Guggenheim, era estremamente povera e non aveva alcuna industria turistica. Zorrotzaurre rappresenta il tentativo di creare la propria Manhattan a New York. Nel video parlo della storia di Zorrotzaurre dalla prospettiva di due faraglioni che si trovano vicino alla Hendaye Beach di Bilbao, conosciute come “the sisters”. Ho usato il cibo per illustrare il processo di costruzione, perché durante la residenza ho mangiato del cibo meraviglioso e ho avuto l’impressione che la cultura dei Paesi Baschi fosse molto legata alla gastronomia, all’atto di socializzare, di incontrarsi dopo il lavoro e avere un pinxto boate.
S: Il tema della spoliazione è legato anche a Wish you were here, in cui tu parli di giustizia abitativa e iperturismo in relazione ad AirBnb (fig. 2). Qual e’ stato il processo con cui hai elaborato questo lavoro?

Fig. 2: Avril Corroon, Wish You Were Here, Dublino, 2016. Realizzato con Eilís Carey e Rebecca Thompson come ospiti Airbnb 1 e 2.
A: Quando ho chiamato questo progetto Wish you were here (3), stavo pensando a un finto paesaggio da cartolina di AirBnb, come una finta ricreazione di spazio. A Dublino c’è il Temple Bar, che è una versione di ciò che i turisti credono sia l’Irlanda. È solo un travestimento per loro, prende una caricatura davvero orribile degli irlandesi e la interpreta. È quello che chiameresti un simulacro, qualcosa che è rimosso dal reale, ricreato; è simile all’originale ma le cose sono fuori posto, sono semplicemente sbagliate, e possiede un unheimlich (4) inquietante. Per esempio, a Temple Bar è possibile comprare il coddle, un famoso piatto tradizionale che veniva preparato durante il fine settimana dalla gente povera. Oggi, i ristoranti vendono il coddle a £13, mentre si suppone che per prepararlo ci voglia £1. Questi temi non hanno solo a che fare con la tradizione nazionale, ma anche con la nozione di classe. L’Irlanda è un paese molto neoliberale ed è un paradiso fiscale, e di questo ne parlo anche in Wish you were here. AirBnb è un grosso problema in Irlanda soprattutto perché ci sono più di 2000 bambini che sono senza casa, che per le dimensioni della nostra popolazione è tantissimo. Per realizzare quel lavoro ho partecipato ad una residenza per un anno, ero in uno studio nella zona del Temple Bar. Sapevo che dall’altra parte della strada c’era un appartamento AirBnb e che il proprietario era il barbiere che stava al piano di sotto, così ho parlato con lui e l’ho prenotarlo senza dover passare per il sito di AirBnb. Io e due attrici abbiamo realizzato una performance: io recitavo vestita da AirBnb sul tetto, con un logo AirBnb gigante sulla testa che sembrava una vagina con un pene, e due attrici eseguivano delle azioni nell’appartamento, che dovevano in un certo senso corrispondere alle mie parole.
S: Anche Spoiled spores (5) e Fresh paint on the wall (6) sono legate al tema del cibo. In Spoiled spores hai addirittura usato la muffa che hai trovato nelle case delle persone e ne hai fatto del formaggio. Puoi parlarmi di queste due opere, di come si iscrivono nella questione del mercato immobiliare neoliberale e qual è stato il tuo processo artistico?
A: Questo è interessante, specialmente per quanto riguarda il corpo e lo spazio. Penso che con Spoiled spores (fig. 3), quello che volevo davvero ottenere era che il visitatore avesse una sorta di curiosità e che poi si ritraesse con disgusto. Ci ho pensato molto, volevo creare qualcosa che potesse ingannare la classe dei rentier e dei borghesi ma che fosse un veleno per loro, perché in qualche modo il formaggio è il cibo della classe borghese. Per quanto riguarda il corpo, ho pensato di combinare il pericolo delle condizioni abitative e del rentierismo. Ho studiato il tema dei flussi delle città, dell’acqua e della crisi della natura quando si presenta dentro le mura domestiche. In letteratura si parla del concetto di casa come di qualcosa che è costruito per escludere i processi socio-naturali considerati cattivi, come la pioggia e il freddo. Tuttavia, questi processi della natura, su cui la casa si basa completamente, sono davvero importanti. Abbiamo una rete sotterranea che ci porta l’acqua pulita al rubinetto, per cui noi, in questo caso, la consideriamo natura buona, mentre vogliamo invece escludere la cattiva natura. Questo accade perché abbiamo creato un senso di familiarità e sicurezza escludendo tutto ciò che credevamo fosse cattivo all’esterno in modo da non dover affrontare mentalmente il politico in casa. C’è molto di politico in casa, ovviamente. Tuttavia, la natura del politico, gli standard sociali e le disuguaglianze che ti permettono di essere in quella casa, in primo luogo, o di avere la benedizione dell’acqua pulita che arriva al rubinetto, ti rendono completamente alienato dai processi che sono avvenuti per ottenere quella buona versione della natura lontana da quella che consideri cattiva natura. Quando avviene qualcosa come, per esempio, una crisi, questa crisi crea una sorta di perturbante domestico. Un esempio che ho in mente riguarda il rubinetto: in un momento di crisi, il rubinetto può diventare un’immagine piuttosto violenta; se questo rubinetto non funziona, diventa improvvisamente un richiamo violento alle relazioni climatiche, o alle diverse crisi sociopolitiche che potrebbero accadere dove non c’è acqua corrente. Questa sorta di alienazione appartiene alla logica per cui si spinge via dalla mente ciò che ci può ricordare il fatto che in alcuni paesi non esiste acqua corrente, o che possa avvenire una crisi. Volevo realizzare un lavoro che attivasse queste connessioni mentali; penso che prendere campioni di muffa dalle case degli altri e trasformarli in formaggio, possa ingannare il pubblico. In questo modo i visitatori sanno che è formaggio e ne sono attratti, ma vengono poi costretti a pensare alle questioni abitative. Il formaggio è anche qualcosa che, se tu lo dovessi comprare, entrerebbe nella tua casa e nel tuo frigorifero. C’è anche questa connessione mentale di mettere il formaggio in bocca, quindi mangiare e nutrirsi è una cosa molto carnale, come quando vedi il cibo e ne senti l’odore. Si attiva la salivazione, il corpo si muove. Volevo creare disgusto.

Fig. 3: Avril Corron, Fresh Paint on the Walls, 2019. Esposto come parte della mostra My Brilliant Friend alla Temple Bar Gallery, Dublino.
Per quanto riguarda Fresh paint of the wall (fig. 4), volevo parlare della magnolia; ogni casa in Irlanda e nel Regno Unito ha le pareti color magnolia (7). È costante, economico, noioso e davvero privo di immaginazione.

Fig. 4: Avril Corroon, Spoiled Spores, 2019. 27-30 formaggi, 4 frigoriferi, 32″ TV, video di 9 minuti.
S: Ho letto che Fresh paint on the wall ha fatto parte di una mostra sul femminismo e le donne in Irlanda nel 2016. Qual è stata la relazione tra il tuo lavoro e il contesto della mostra?
A: Molte opere in quella mostra riguardavano questioni femministe, e in particolare si riferivano al diritto all’aborto qui in Irlanda. Il mio lavoro non si poneva pienamente e frontalmente come un progetto femminista, ma volevo renderlo un lavoro femminista perché sono femminista. Penso che i diritti all’alloggio siano diritti delle donne, e che i diritti abitativi incidano davvero sui diritti delle donne tanto quanto quelli delle persone trans e queer. Le donne passavano il loro tempo principalmente in casa, nonostante le case non fossero progettate particolarmente per loro. Eppure, tutto era costruito come se lei dovesse stare lì, in qualche modo. È interessante perché penso che se la casa fosse un corpo, sarebbe un corpo femminile, destinato a contenere e a proteggere. È simile alla donna, è liquido, appiccicoso, ha diversi passaggi che servono per la cura, e possiede questo elemento della natura cattiva e della natura buona. Come la casa, la donna è stata vista come qualcosa che può essere liquido, qualcosa che può essere sia intrigante che disgustoso. Mi fa pensare a come la donna sia considerata la detentrice della riproduzione sociale, mi fa pensare alla questione di Silvia Federici sui salari per il lavoro domestico, e a come queste cose siano in qualche modo situate.
S: Qual è stata la risposta del pubblico al tuo lavoro?
A: Penso che alla gente sia piaciuto molto partecipare a Spoiled spores. A Dublino e a Londra ho incontrato dei completi sconosciuti, che mi hanno dato l’opportunità di andare a prendere dei campioni di muffa nelle loro case, e ho intervistarli sulle loro situazioni. Ho avuto modo di creare dei veri e propri legami con le persone, ogni formaggio possiede il nome del proprio proprietario e loro erano davvero orgogliosi. Credo che l’arte sia una delle cose più importanti del mondo e abbia il potere di cambiare le cose. Penso che si possa fare anche sostenendo le persone e facendo attivismo, per cui sono in un gruppo di attivist* per sostenere la causa abitativa e aiutare a resistere allo sfratto. Spoiled spores dà la possibilità di aprire una sorta di spazio. Non volevo fare un documentario sulla situazione abitativa, volevo fare qualcosa di strano e folle perché è più divertente da fare, più divertente per il pubblico, fa pensare e riflettere tutt* sulla muffa e sulla questione della classe. Spero che possa essere di ispirazione anche per loro.
Note:
(1) Pintxo Boate è il risultato di una residenza internazionale di 40 giorni con Bitamine Faktoria nei Paesi Baschi. Lavorando con il video e la scultura, Pintxo Boate affronta le questioni dello sradicamento e della strumentalizzazione della cultura nella città neoliberale, prendendo il progetto Zorrotzaure a Bilbao come caso studio chiave. Quest’ultimo è l’ultimo grande progetto di rinnovamento urbano iniziato a Bilbao; il master plan è stato disegnato dall’architetta Zaha Hadid e include la conversione della penisola di Zorrotzaurre in un’isola attraverso l’apertura del canale di Deusto. Alla vigilia dell’inaugurazione della mostra, il canale di Deusto è sceso per la prima volta intorno a Zorrotzaure, originando ufficialmente la nuova isola.
(2) Zaha Hadid Architects, “Zorrozaurre Masterplan”, in Masterplans, Zaha Hadid Architects, https://www.zaha-hadid.com/masterplans/zorrozaurre-masterplan/ [ultimo accesso 10/02/2021]
(3) Concludendo il suo anno di residenza al TBG&S, Corroon presenta una performance site-specific dal tetto di un appartamento Airbnb, con due attori di accompagnamento nello spazio domestico sottostante. L’azione si svolge su questo ‘palcoscenico’ a due piani ed è stata osservata da un pubblico situato sul balcone del TBG+S, proprio di fronte. L’artista ritrae in modo elaborato la trasformazione dell’ambiente domestico di Airbnb in fabbrica produttiva. Temple Bar fa da sfondo a Corroon per svelare gli inganni del marketing del turismo irlandese e della sharing economy.
(4) Perturbante.
(5) Rispondendo alle condizioni abitative trascurate nelle proprietà in affitto in Irlanda e a Londra, Spoiled Spores è un’installazione di 30 formaggi fatti con una coltura di muffa domestica (muffa nera) campionata da alloggi in affitto a Dublino e Londra. I partecipanti sono stati contattati tramite conoscenze e online. L’installazione consiste in un film di 9 minuti che documenta la provenienza della muffa e il processo di produzione del formaggio con menu che delineano i costi di affitto e le liste degli ingredienti che includono la muffa nera tossica e altre muffe campionate in ogni rispettivo sito.
(6) L’opera video di Avril Corroon è un approccio satirico al mercato degli affitti privati, alla gentrificazione e alla crescente difficoltà di vivere nella città neoliberale. La voce narrante fuori campo teorizza i motivi dietro l’uso diffuso da parte del padrone di casa capitalista e patriarcale della vernice color magnolia negli alloggi in affitto.
(7) Nel Regno Unito, la vernice magnolia è un colore da neutro a crema caldo, noto per essere il colore “standard” delle vernici per la casa, oltre al bianco. È un colore onnipresente che è disponibile nella maggior parte dei tipi di vernice.
Bibliografia:
Bianchetti, Cristina, Corpi tra spazio e progetto, Mim Edizioni SRL, 2019, Sesto San Giovanni, Milano.
Butler, Judith, e Athena Athanasiou, Spoliazione. I senza casa, senza patria, senza cittadinanza. Mimesis, 2019, Milano.
Del Bò, Corrado, Marco Filoni e Giulia Maria Labriola, Politiche della città, Edizioni ETS, 2020, Pisa.
Haraway, Donna J., “A Cyborg Manifesto: Science, technology, and Socialist-Feminism in the Late Twentieth Century,” in Simians, Cyborgs, and Women: The Reinvention of Nature, Routledge, 1991, New York, pp. 149-181.
Sandoval, Chela, Methodology of the oppressed, University of Minnesota Press, 2000, Minneapolis.
Saraceno, Benedetto, Psicopolitica. Città salute migrazioni, Editore Derive Approdi, 2019, Roma.
Sito ufficiale dell’artista Avril Corroon, https://avrilcorroon.com [ultimo accesso 10/02/2021]
Wachsmuth David, e Alexander Weisler, “Airbnb and the Rent Gap: Gentrification Through the Sharing Economy”, in Environment and Planning A: Economy and Space, Vol. 50, Issue: 6, 2018, McGill University, Canada, pp. 1147-1170.
Zaha Hadid Architects, “Zorrozaurre Masterplan”, in Masterplans, Zaha Hadid Architects, https://www.zaha-hadid.com/masterplans/zorrozaurre-masterplan/ [ultimo accesso 10/02/2021]