ARTICOLO E FOTO DI MATILDE CASSARINI.

Il continuum di Gernsback (1), di William Gibson, fa parte della raccolta Mirrorshades a cura di Bruce Sterling. Questo racconto ha dato il via alla riflessione cyberpunk, strutturandosi come una presa di coscienza degli elementi più negativi del passato, invocando una nuova estetica per gli anni Ottanta. Il protagonista del racconto è un fotografo al quale viene commissionato un servizio nel quale deve immortalare le architetture futuristiche americane degli anni Trenta e Quaranta.  Negli anni Trenta, mentre la maggior parte degli individui americani erano per lo più propensi a sopravvivere, i designer tendevano ad avere un atteggiamento populista: veniva dato alla gente ciò che essa desiderava, ovvero il futuro. Nel portare avanti questo progetto il fotografo si focalizza sulle immagini e sull’immaginario che quell’America pensava potesse essere realizzato. Senza accorgersene il fotografo supera un confine ed inizia a vedere fantasmi del futuro: “Alzai gli occhi e vidi un apparecchio a dodici motori simile a una specie di grosso boomerang, tutto ali, che procedeva verso est con una grazia elefantina, così basso che potevo contare i bulloni sulla sua superficie argentea” (2). Gibson definisce queste apparizioni fantasmi semiotici, immagini collettive che permeano la cultura occidentale, “frammenti di questo immaginario collettivo che si sono staccati e hanno preso vita autonoma, come le aeronavi alla Jules Verne che quei vecchi contadini del Kansas continuano a vedere” (3).  Gibson critica tutti i vari movimenti modernisti – da lui definiti futuroidi – che presentavano la tecnologia degli anni Venti anche nei magazine fantascientifici come Amazing Stories. Questi echi sono una versione pop futuristica di fantasmi che rappresentano “Un futuro all’antica”. Questo titolo è stato coniato da Bruce Sterling per una sua raccolta, in cui viene descritto uno spaziotempo che si sposta e tende a presentare il passato come fantascienza e la fantascienza come passato. 

Oggi il fantasma semiotico di Gibson ha superato il campo della fantascienza per modellare la nostra ricezione delle correnti culturali e la comprensione della storia. Sembra che la ricerca del sapere sia una proliferazione senza fine di prodotti attraverso i quali la storia ci arriva sotto forma di altri testi o documenti d’archivio. Avendo scardinato l’idea di una conoscenza della storia “oggettiva” e concreta, il passato diventa una narrazione composta da infiniti altri testi respinti.  Pensiamo allo stile internazionale, il Bauhaus, gli elementi del minimalismo, le cupole geodetiche, la Citroën DS e il post punk, elaborati come fantasmi semiotici, integrati e assorbiti nel nostro inconscio individuale e collettivo, non più a simboleggiare i referenti stessi ma qualcosa di popolare. Il contenuto iconico di questi oggetti reali sembra quasi liberarsi dalla fonte o dal referente, diventando un’idea che si autogenera senza appartenere a niente nello specifico. È importante comprendere la posizione che questi occupano come forme-concetti che parlano della nostra idea di passato e della sua ricezione nel presente.  L’idea è che il cyberpunk possa fornire non solo invenzioni di futuri utopici alternativi alla situazione attuale ma anche una maggiore comprensione del passato e di come la storia possa essere costruita e rappresentata collettivamente. La storia si muove secondo due forme differenti di tempo: quello degli eventi e quello dei processi. Quello che siamo soliti chiamare storia è in realtà un’entità dialettica scaturita dalla tensione di queste due forme di temporalità, è la sovra-storicizzazione postmoderna a produrre il nostro presente continuo. Il nostro passato più recente è quello per noi più enigmatico, dal 1989 comincia una nuova storia che facciamo fatica a capire. Procede troppo in fretta e riguarda immediatamente tutto il pianeta. Il cambiamento di scala prende alla sprovvista, dando inizio alla fase di critica dei vecchi concetti e delle vecchie visioni del mondo. Per Marc Augé a queste ultime si sostituiscono due visioni del mondo (4): una pessimista in cui il passato non è più portatore di alcuna lezione ed un’altra è trionfalista, non c’è più niente da aspettarsi dal presente, tutto è compiuto. Tra questi due estremi esiste un’ideologia del presente caratteristica della società dei consumi. Sembra che sotto la marea di immagini, messaggi, comunicazione istantanea e tecnologie agli individui resti la scelta tra un consumismo conformista e passivo e un rifiuto radicale.  Ci troviamo immersi in una spettacolarizzazione generalizzata, elemento unificante e rappresentativo di un teatro di guerra permanente. Conseguenza della globalizzazione capitalistica, in cui le merci e le loro passioni sono centrali e prevalenti.  Dobbiamo ricordare che: “lo spettacolo non è un insieme di immagini, ma un rapporto sociale tra persone, mediato da immagini” (5). Le immagini che popolano il mondo in cui viviamo, sono il risultato di processi culturali. Costituiscono la via d’accesso privilegiata attraverso la quale, i poteri delle società capitalistiche sono riusciti a manipolare i desideri e le sensibilità degli individui. Il fotografo del racconto esorcizza i suoi fantasmi perdendosi nei panorami californiani, scenari perfetto della rappresentazione fantascientifica della storia per uno storicismo fantascientifico, una metafora della frammentazione e la discontinuità dell’esperienza urbana. 

La critica di Gibson ad un antico futuro diventa parodistica quando si allinea alla rappresentazione in cui un modernismo futuristico cerca di prendere forma. La sua visione definisce il modernismo come un progetto non finito e come un grande bazar riempito di artefatti che stanno bene con l’inesauribile modernismo stesso, che crea la strada per il postmodernismo. Questi artefatti obsoleti sono diventati oggi fantasmi semiotici. I riferimenti modernisti in arte e cultura non sono solo una convenzione, ma una strategia privilegiata, dove qualunque cosa sembra essere appena stata prodotta, pensata o trasformata in altro da qualcuno, questo è uno dei grandi paradossi della presunta fecondità dei contenuti storici; il risultato di ripensare alla storia come a un terreno di caccia.  La difficoltà più diffusa della cultura contemporanea sta nel creare una forma che non si riferisca a nient’altro (il ritorno o la ricorrente reinvenzione delle mode passate è infatti uno dei fattori che ha dato luogo a quello che chiamiamo postmoderno). Soffriamo di una nostalgia che considera il passato sempre migliore del presente?  Bruce Sterling è stato invitato ad interrogarsi sul concetto di Futurity Now per il Festival Transmediale a Berlino. L’autore propone un’alternativa alla visione storiografica tradizionale: l’atemporalità come atteggiamento storico filosofico.  I libri di storia seguono narrazioni lineari, ma la cultura del web non possiede questa dinamica, sviluppando invece forme di comunicazione asincrone, globalizzate e delocalizzate. La storia in questa prospettiva non ha più una sola voce autorevole. La narrazione storica non è più una mappatura di eventi “oggettivi”, si guarda una cartina nella quale il territorio non corrisponde.  “Viviamo un’epoca di decadenza e riproposizione di strutture precarie, di nuove invenzioni sociali all’interno delle reti, in un mondo Tecnogotico o in una Favela Chic dove, invece di una cattedrale della storia e di un avvenire utopico, troveremo piuttosto una bizzarra sagra della storia e dell’avvenire(6).  Secondo Sterling per affrontare questo momento, quel che serve è l’atemporalità, una sorta di agnosticismo, un calmo, pragmatico, sereno scetticismo. Ciò che rende più interessante una prospettiva atemporale è che ci porrebbe in condizione di elaborare nuove forme di storia. In quanto filosofia della storia l’atemporalità non è destinata a durare per sempre, essa è solo una spiegazione contingente per tempi contingenti. L’idea è quella di diventare multitemporali, piuttosto che multiculturali.

NOTE

(1) Il riferimento è a Hugo Gernsback. Inventore, editore e scrittore considerato il padre della fantascienza, è colui che ne conia il termine science-fiction.

(2) William Gibson, Il continuum di Gernsback, Mirrorshades a cura di Bruce Sterling, 2003 (ed. originale 1986)

(3) ibid. 

(4) Marc Augé, Che fine ha fatto il futuro? Dai nonluoghi al nontempo, Elèuthera, Milano 2009 

(5) Guy Debord, La società dello spettacolo, Massari editore, Viterbo, 2004 (ed. originale 1967) 

(6) Bruce Sterling, conferenza tenuta al festival Transmediale.10 presso Kulturprojekte Berlin GmbH transmediale, Berlino, 2010